Lo strano edificio tra viale Carducci e la futura via Gobetti demolito nel 1935

La pagoda della mondanità

Ma che cos’era quello strano edificio orientaleggiante che sorgeva all’angolo dell’attuale via Gobetti con viale Carducci e che si vede in tutte le foto di questo scorcio di Carpi risalenti ai primi decenni del Novecento? Se lo chiede Mauro D’Orazi in un opuscolo a circolazione limitata dal titolo “Il palazzo Lugli-Grisanti e il suo giardino orientale” basato su una ricerca d’archivio di Lucia Armentano e su testi di Alfonso Garuti pubblicati in “Carpi. Guida storico artistica” del 1990 e “Carpi, dalla piazza ai borghi”, del 2003. Spieghiamo subito che il palazzo è quello noto come Casa della Divina Provvidenza, da quando, nel 1934, venne concesso a Marianna Saltini (Mamma Nina) per la sua opera di aiuto e di educazione rivolta alle giovani povere. E che il giardino di pertinenza, oggi completamente trasformato, è quello in cui sorge il sacello che conserva le spoglie della benefattrice. Prima di ogni considerazione di natura storica, architettonica e urbanistica, quell’edificio – che nella forma attuale riproduce il progetto di ristrutturazione in stile neoclassico partito da un preesistente fabbricato e attuato nel 1849 da Claudio Rossi, lo stesso progettista del Teatro comunale – va ricordato come espressione di uno stile di vita, di un costume, di una cultura. Verrebbe da dire di una civiltà, intendendo con questo gli ambienti della buona borghesia cittadina alla quale apparteneva il proprietario e committente del progetto, l’agiato farmacista Luigi Lugli, uomo colto e di sentimenti liberali. Non si spiega altrimenti il proposito di completare quel restauro di metà Ottocento con un giardino all’inglese, che secondo la moda romantica dell’epoca, venne arricchito di sculture in marmo, chioschi, padiglioni, ispirati questi ultimi a un gusto esotico, alla ricerca di effetti e atmosfere che ricordassero l’oriente, in particolare la Persia e la Cina. Fra i tanti ornamenti che Lugli volle collocarvi a testimonianza dei suoi sentimenti patriottici, c’era una colonna, visibile tuttora, che avrebbe dovuto sorreggere il leone di San Marco, a ricordo dell’annessione di Venezia al Regno d’Italia, dopo la sfortunata terza guerra d’indipendenza del 1866.

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