A un mese dall’arrivo del nuovo Vicario primi segnali di discontinuità

Don Gildo: la Chiesa dialogante

La “colla” che manca alla comunità carpigiana, richiamata in un saluto da monsignor Manicardi, metafora di quella assente anche nella Diocesi? Primi passi del lavoro di ricucitura di un uomo che conosce la realtà locale con gli emarginati da Ca

Mentre nella parrocchia di Mortizzuolo si  sta consumando l’ultimo atto del settennato di  monsignor Francesco Cavina con il contrastato  rientro a Chioggia dell’uomo da lui chiamato a  dirigere il settimanale diocesano e poi, sempre da  lui, spedito nell’esilio bassaiolo; e mentre continuano  qua e là i raduni solidali intorno all’ex Vescovo, in  città è approdato ormai da più di un mese il nuovo  Vicario generale. È un evento, se si considera che  monsignor Ermenegildo Manicardi, subentrato  a don Massimo Fabbri (altro chiamato da Cavina)  che si è dimesso non proprio serenamente per  rientrare nella sua Argelato, è originario di Fossoli,  dove è nato 71 anni fa per allontanarsi sempre  più da Carpi e avviarsi alla brillante carriera  accademica che lo ha portato alla direzione del  Collegio Capranica di Roma. È un evento, perché  sette anni erano bastati per far perdere perfino la  memoria di una guida della Diocesi – in attesa della  nomina, se ci sarà, di un nuovo pastore – affidata  non più al cerchio magico romagnolo, ma a uomini  del clero locale: monsignor Manicardi rientrato da  Roma, appunto; e don Carlo Malavasi, parroco  del Corpus Domini, che mantiene l’incarico di  pro Vicario generale. Una guida formalmente  subordinata a quella dell’amministratore apostolico  don Erio Castellucci, ma effettiva e di sostanza:  perché le voci dall’interno lasciano intendere che  l’Arcivescovo-Abate di Modena, avendone già di  suo per gestire la fascia centrale e montana della  provincia, concederà ampio spazio al nuovo Vicario  generale.  

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