Le considerazioni di Carlo Petrini sui negozi che chiudono

Dopo le botteghe, solo corrieri?

Non è solo un connotato carpigiano, la crisi dei piccoli negozi a conduzione famigliare. Sui giornali si moltiplicano i servizi sul tema, ma il più interessante si direbbe quello apparso sul quotidiano la Repubblica di lunedì 20 gennaio, sotto il titolo “Addio botteghe, è l’ora dei corrieri. Ecco come salvare l’anima delle città”. L’autore è Carlo Petrini, il fondatore di Slow Food, che rileva alcuni aspetti in genere trascurati dai dibattiti sull’argomento. L’autore del servizio parla di un “mondo a tinte fosche” che sta dietro la facilità di acquisto e la consegna immediata delle merci, introdotte dall’e-commerce. In questo mondo ci stanno da una parte magazzini centralizzati giganteschi (si vedano quelli di Zalando, a Pegognaga, e di Amazon, nel piacentino) necessari a uno stoccaggio di prossimità delle merci. Dall’altra un sistema di distribuzione ad alto impatto ambientale a causa delle “... migliaia di chilometri imposti da consegne polverizzate e aggravato dall’incidenza dei resi gratuiti”. Terzo aspetto del mondo a fosche tinte tracciato da Petrini è la nascita di un nuovo sottoproletariato delle consegne, “un esercito di facchini e corrieri impiccati da tempi di delivery stabiliti da algoritmi infallibili e costretti a ritmi di lavoro impressionanti”.A ciò si aggiungano i servizi di consegna a domicilio dei pasti, con squadroni di giovani in bicicletta che non possono sgarrare di un minuto, magari per sei euro a giornata.

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