L'ultima fatica di Paolo Guerra

Barba, moglie e figlia: mollare tutto e fuggire? Meglio riderci su

Si intitola “Padre figlio e fatemi santo” (Artestampa Editore, Modena 2020, 128 pagine, 16 euro), l’ultima fatica letteraria di Paolo Guerra. Solierese, impiegato in un’azienda locale, lo avevamo intervistato solo pochi mesi fa in occasione della pubblicazione di “Dove sei Wolly?”, una dolcissima storia pensata e disegnata dallo stesso Guerra per la figlia, la piccola Matilde. Il volumetto era il secondo in ordine di tempo, preceduto da “Associazione Anziani- istruzioni per l’uso”, esilarante dissertazione compiuta con sguardo ironico ma assolutamente benevolo sulla categoria over 60. Oggi Guerra torna in libreria con il resoconto della vita di tanti trentenni del nostro tempo, o meglio di quelli che si sono abbandonati coraggiosamente alla più folle delle avventure: metter su famiglia. L’autore trae spunto, va da sé, dalla propria esperienza. «Ho la barba – dice –, una moglie e una figlia: sarebbero motivazioni sufficienti per mollare tutto e scappare. La realtà è che la mia vita quotidiana è come quella di tanti altri, ma non la cambierei con nulla al mondo. Mi piace solo riderci sopra, assaporarne il lato più dolce ed accentuarne quello più aspro». E davvero si ride, e tanto, nel leggere episodi in cui tutti noi possiamo ritrovarci: dalla capatina settimanale al mobilificio svedese più famoso di sempre, alle intolleranze alimentari che rendono complicato anche solo pensare di organizzare il cenone di Capodanno, ai voli in aereo nei confronti dei quali Guerra nutre una terrifica avversione ma che deve affrontare, pena una probabile crisi di coppia. Proprio i viaggi offrono spunti indimenticabili. È a Parigi che Paolo e la moglie Giulia atterrano il giorno dell’attentato a Charlie Hebdo; ed è a Zanzibar che “...visitando la capitale grossa più o meno come Carapelle Calvisio in provincia del L’Aquila, iniziammo a seguire un omino che tanto somigliava alla nostra guida, ma che si rivelò essere un semplice mercante di spezie”. E poi la gravidanza, la corsa in ospedale e il parto, in cui a farla da padrona è l’ostetrica Olga, una signora dell’est, granitica, che intima al quasi papà calma e sangue freddo, dato che “...ci sono quattro done che stano partorendo, rimana fermi qui fino a quando lo dico io”. Ma tutto aveva avuto inizio con la decisione di sposarsi, comunicata innanzitutto al datore di lavoro. Un dialogo che, da solo, merita che vi affrettiate a leggere – anche in versione digitale, dato questo particolare momento – un libro capace di far trascorrere alcune ore in completa spensieratezza. 

 

– Buongiorno Capo. Mi sposo! 

– Bravo 

– Vorrei chiederle se, anche se ho il contratto in scadenza a settembre, potrei usufruire del congedo matrimoniale 

– Sai che settembre e ottobre per noi sono mesi molto produttivi 

– Veramente no, lavoro qui da aprile e comunque mi licenzierà i primi di ottobre

– Per noi ogni forza è indispensabile. Ma ti faccio gli auguri! Adesso devo rispondere al telefono, torna a sedere Lauro 

– Paolo

– Auguroni ancora, Lauro. 

 

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