Tasse palesi e occulte, Soldi nostri

 

Tutto come da copione: l’inflazione, tassa occulta che grava sul reddito fisso e sul risparmio, viaggia al 3,5 per cento ed è attesa al 5, a fine anno. Come abbiamo già spiegato altra volta l’inflazione è utile ad abbattere il peso del debito monstre accumulato nel corso della pandemia (e negli anni precedenti) e per questo non solo non è osteggiata, ma è persino incoraggiata dalle autorità monetarie. Non c’è dubbio infatti che la politica di annunci, amplificata dai media, abbia di fatto dato il via libera a aumenti indiscriminati dei prezzi (a prescindere dagli oggettivi aumenti di bollette e carburanti). Per fare solo un esempio alla maniera della casalinga di Voghera, osservo che la parrucchiera da cui si serve mia moglie, nell’arco del mese, ha subito alzato la tariffa, ferma da anni a 71 euro, portandola a 77 euro (arrotondando quindi per eccesso l’inflazione attesa). E così il fruttivendolo e quant’altri hanno avuto campo libero per aumentare i prezzi. Un film già visto quando si passò dalla lira all’euro. Ma certo per riequilibrare i conti pubblici non basta la svalutazione della moneta, occorre anche un inasprimento fiscale. In questi anni sono stati elargiti soldi a pioggia, anche a chi non ne aveva effettivamente bisogno, e ora siamo tutti chiamati a pagare il conto. In quest’ottica si inserisce la discussione sulla riforma del catasto, finalizzata a inasprire la tassazione patrimoniale sugli immobili. 

Sarà bene ricordare quale era, in origine, la funzione del catasto. La ricchezza della Lombardia, ad esempio, si deve proprio al catasto introdotto da Maria Teresa d’Austria. Si dirà: ma come, il catasto ha promosso lo sviluppo economico? Proprio così. Il catasto infatti classificava i terreni e stabiliva una imposta fissa. Se un proprietario apportava migliorie e ricavava dal terreno un reddito più alto, questa plusvalenza non veniva tassata. Questo metodo di tassazione ha portato allo sviluppo dell’agricoltura lombarda e alla formazione dei capitali poi investiti nella manifattura e, quindi, nell’industria. Il catasto si caratterizza per l’imposizione fissa, non variabile in rapporto all’incremento di valore del bene. Quando si parla, oggi, di tassare le “rendite” (spesso virtuali) degli immobili in base al valore di mercato si è fuori dalla logica catastale. Si parli piuttosto di censimento del patrimonio immobiliare, non più di catasto, finalizzato all’applicazione di imposte patrimoniali di entità variabile. Nessuno osa naturalmente parlare di patrimoniale, ma tale è un simile sistema impositivo. Peraltro anche la pretesa di adeguare le rendite catastali, ritenute troppo basse, ai valori di mercato, non tiene conto di quanto è accaduto sul mercato immobiliare negli ultimi anni. Secondo Il Sole-24 Ore del 30 settembre u.s., infatti, “...fatto 100 il valore delle case nel 2010, oggi il valore corrisponde a 78”. 

Dove sarebbe quindi l’incremento di valore di cui si ciancia nei salotti televisivi e sui maggiori quotidiani? Aggiungo una considerazione sul presunto aumento di valore delle abitazioni dei centri storici, rispetto agli immobili delle periferie. Può essere vero per alcune città d’arte (Roma, Napoli, Firenze e Venezia) che hanno sofferto il fenomeno della cosiddetta “gentrificazione” (ovvero espulsione degli storici abitanti e sostituzione con i turisti e gli affitti brevi), ma certo i centri storici di quasi tutte le città hanno subito negli ultimi anni lo svuotamento di quasi tutti i servizi e del piccolo commercio, perdendo quindi appeal per la residenza. Centri commerciali, uffici e servizi quasi ovunque si sono spostati nelle periferie, ragion per cui pretendere di aumentare le tasse a chi risiede nei centri storici è davvero assurdo. Si dirà: ma i proprietari della prima casa non pagano l’IMU. Vero, almeno per ora. Ma in ogni caso un aumento delle rendite catastali può comportare svantaggi per quanto riguarda l’ISEE, andando quindi a colpire i ceti più deboli. Meglio quindi andare a caccia degli evasori, piuttosto che infierire su chi già paga le tasse. Si stima che esistano due milioni di immobili non censiti: si cominci da quelli, dato che oggi la tecnologia consente la loro precisa individuazione.