La prova del budino

Ancora una volta mentre mi accingo a scrivere il pezzo settimanale non conosco la sorte del governo. Doveva esser nota già da lunedì della scorsa settimana, poi c’è stato un rinvio di otto giorni e ora chissà. Anche per questo non ho perso tempo a leggere nei dettagli il contratto tra Lega e Cinque Stelle; come al solito non commenterò un libro dei sogni, valuterò gli atti di governo, caso per caso, se l’accordo andrà in porto effettivamente. Vale sempre, insomma, la famosa prova del budino: bisogna assaggiarlo per aver un’opinione precisa. Non ho pregiudizi sul “nuovo che avanza”, sia pure in stile prima repubblica, ma da quel che ho orecchiato dai Tg e dai talk show, si direbbe che l’inedita alleanza giallo verde somigli un poco alla sommatoria tra il lepenismo (di destra) e il sistema venezuelano (di sinistra populista), con diverse intersezioni. A proposito del Venezuela, a lungo ignorato dai mass media italiani, ora che lo spettro di Maduro si aggira anche da noi è balzato all’onore delle cronache (forse anche perché in questi giorni si vota in quello sfortunato paese). Veniamo così a sapere che per acquistare un litro di latte, ammesso che lo si trovi, occorre una valigia di bolivar, che l’inflazione è al 1.400 per cento, ma in realtà nessuno sa quanto valga veramente il bolivar, dal momento che per i pagamenti si usano dollari acquistati al mercato nero. Addirittura pare che il Venezuela, il paese con i giacimenti di petrolio più ricchi al mondo, ancor più dei paesi arabi, per sopravvivere debba ricorrere agli aiuti di Cuba, il che è tutto dire, considerando quanto sia scalcinata anche quell’economia. Insomma assai peggio della Grecia e dell’Argentina e pari forse solo allo Zimbabwe. L’Italia grillesca si sta avviando allegramente verso quella china, con la differenza che noi non abbiamo i giacimenti di petrolio che, anzi, dovremo acquistare pagando in dollari.

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