Meminisse iuvabit, Soldi nostri

Tradotto liberamente, il celebre verso virgiliano (Eneide, 1, 202-203) suonerebbe così: converrà ricordare. Già, ma per ricordare bisogna avere vissuto e c’è una generazione, già attiva sui mercati finanziari, che non può avere un ricordo diretto di certi fenomeni economici, come ad esempio l’inflazione a due cifre, per il semplice fatto che all’epoca (anni Settanta-Ottanta) non era ancora nata. I millennial erano nella culla quando si verificò l’euforia per la cosiddetta new economy (ricordate l’entusiasmo per i titoli tecnologici?), che portò alla distruzione di notevoli patrimoni, e andavano alle elementari quando si ebbe il crollo di borsa, nel periodo 2007-2009, le cui conseguenze stiamo scontando tuttora. Il ritornello di chi, ogni volta, cede alla tentazione di speculare, sbagliando oltretutto la tempistica di ingresso, ovvero entrando sui massimi, è sempre lo stesso: “questa volta è diverso”. Invece la storia si ripete sempre uguale. 

Ora la speculazione si è spostata dagli asset tradizionali, peraltro tutti già in “bolla”, al nuovo Eldorado, ovvero le criptovalute, in primis il Bitcoin. Che, dopo il crollo avvenuto lo scorso anno, si era ripreso toccando nuovi massimi intorno a quota 69.000 dollari grazie alla fiducia illimitata nella novità di questo asset virtuale, ai traguardi sognati dagli speculatori (i mitici 100.000 dollari), al riconoscimento come moneta legale di stati come El Salvador e Tonga. Ora, l’entusiasmo per la possibilità di fare la spesa in Bitcoin a El Salvador già qualche dubbio lo poteva sollevare, ma pensare di recarsi a Tonga attualmente è fuori discussione, dopo lo scoppio del vulcano e il relativo tsunami. Peraltro la regina delle criptovalute nel frattempo si è notevolmente ridimensionata e traccheggia, mentre scrivo, poco sopra quota 40.000, ovvero circa 29.000 punti sotto i livelli massimi. Credo che nessuno abbia perso una cifra simile, anche perché i trader spesso operano a leva e sarebbero rimasti in braghe di tela in un attimo. In realtà ognuno sarà uscito dal mercato poco al di sotto del livello d’ingresso, e precisamente nel momento in cui la forte volatilità ha fatto saltare gli stop (tutti i trader più accorti mettono un limite alle perdite, il fatto è che gli stop vengono regolarmente intercettati e così si finisce sempre in perdita). Si salvano solo i più esperti conoscitori dell’analisi tecnica, mentre il parco buoi, sognando un facile arricchimento, ci lascia, come sempre, le penne. La drammatica rivolta in Kazakhistan ha poi evidenziato il nesso tra la produzione di Bitcoin (ovvero il mining, assai energivoro) e l’aumento vertiginoso del costo dell’energia, divenuto insostenibile in quel paese che ospitava numerosi insediamenti di miners

È lecito chiedersi: ma è logico sprecare simili quantitativi di energia solo per produrre e far circolare una valuta virtuale, ancorché di moda? E, come tutte le mode, prima o poi finirà lasciando gli ultimi convinti sostenitori con il cerino in mano, come è sempre accaduto, nei secoli dei secoli. Per non parlare della Babele monetaria creata dalle criptovalute: l’umanità ha impiegato decenni per approdare a unioni monetarie, come l’euro, mentre ora si ritorna a un sistema di cambi che ci proietta indietro, al medioevo, al tempo degli staterelli, ognuno dei quali batteva una propria moneta con peso e caratteristiche diverse. Oltretutto i valori delle criptovalute variano anche in relazione alle piattaforme sulle quali vengono scambiate. Una vera Babele, insomma. Perché le autorità monetarie lasciano correre? Probabilmente perché così viene sterilizzato il denaro in eccesso che altrimenti alimenterebbe ancor più l’inflazione, quindi può darsi che abbiano una funzione deflazionistica. Intanto in America l’inflazione è balzata al 7 per cento e in Europa al 5 (in Italia ci raccontano che è al 3,9, ma le massaie sanno che è assai più alta). Con i tassi del decennale poco sotto il 2 negli Usa e a zero in Europa, i risparmiatori vengono ugualmente tosati nella misura del 5 per cento. Altro che inflazione temporanea: per sistemare i conti pubblici c’è da temere che la tosatura si protragga per almeno un ventennio. C’è chi usa questo argomento per convincere chi tiene i soldi sul conto corrente a investirli: ma l’inflazione erode in egual misura anche gli investimenti, sui quali oltretutto gravano la patrimoniale, le tasse sugli eventuali guadagni e le spese bancarie. Difendere i risparmi in questo contesto è sempre più difficile ma se ci saranno reali opportunità non mancheremo di segnalarle.