Macroeconomia del populismo

Al solito, la parodia del comico Crozza coglie le novità meglio di qualsiasi commento politico: il Faraone è risorto, uscendo trionfalmente dal sarcofago, sulle note verdiane dell’Aida. Berlusconi è di nuovo al centro della scena politica, ago della bilancia di un centro destra dato per vincente o della futura grande coalizione con Renzi (sul modello tedesco). La mummia, perfettamente liftata, è apparsa in gran spolvero e da giorni tiene banco in molti programmi televisivi riuscendo, quasi, a convincere: meno tasse, pensioni minime a mille euro (gli anziani votano, mio caro Renzi, nemico giurato dei vecchi), insomma, in estrema sintesi, “più pilu per tutti”, per dirla con un altro grande comico (Albanese).

Il grande intrattenitore televisivo è però scivolato sull’ultima domanda di un pur ossequiente Bruno Vespa: quale ricetta per rilanciare l’economia? E qui ha rispolverato la soluzione, già ipotizzata, del doppio regime valutario: mantenimento dell’euro per le transazioni internazionali e adozione della lira per i pagamenti sul mercato interno. Traduzione: pagheremmo le importazioni in valuta forte (euro o dollaro, per il petrolio) e riceveremmo stipendi e pensioni in lire (anche i risparmi verrebbero convertiti in lirette, svalutandosi come minimo del trenta per cento, di colpo). 

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