Ma il metano non è un tulipano, Soldi nostri

Amsterdam vanta un primato: lo scoppio della prima bolla finanziaria, intorno alla metà del Seicento. La speculazione, all’epoca, si era accanita sui bulbi di tulipano che avevano raggiunto quotazioni stratosferiche. Poi, all’improvviso, come sempre accade, la bolla si è sgonfiata e in breve tempo molti sono rimasti col cerino in mano. In quel caso la bolla danneggiò soprattutto gli speculatori, ma la bolla sul prezzo del gas, quotato oggi alla borsa di Amsterdam, impatta seriamente sull’economia reale e sulla vita di tutti noi: anche se dovesse sgonfiarsi, come sembra, il danno ormai è fatto. Le autorità europee che hanno pensato bene di agganciare il prezzo del gas alle quotazioni del mercato di Amsterdam, assai ristretto e quindi facilmente manipolabile con manovre sui derivati, hanno commesso un gravissimo errore, temo intenzionalmente. Infatti non sapevano come far ripartire l’inflazione, indispensabile per alleggerire la montagna di debito pubblico accumulata durante la pandemia e così hanno optato per il rincaro delle bollette, avvenuto già dall’autunno dello scorso anno, quindi ben prima dello scoppio della guerra in Ucraina. Non solo motivazioni ideologiche (il libero mercato) hanno determinato il via libera alla speculazione sul gas, ma un calcolo errato che ha portato a sottovalutare le conseguenze sull’economia reale. 

Agganciare il costo delle bollette al prezzo spot del gas alla borsa di Amsterdam, quando gli operatori in realtà continuavano ad approvvigionarsi al prezzo stabilito da vecchi contratti pluriennali, è stata una scelta irresponsabile. La crisi con la Russia poi ha inferto il colpo di grazia: la carenza di gas oggi legittima la speculazione e ho qualche dubbio che sia realmente possibile imporre un prezzo calmierato: Giulio Sapelli, noto storico dell’economia, ha ben spiegato la difficoltà di un simile progetto, ma basterebbe leggere il Manzoni (capitolo 12 dei Promessi sposi) per rendersi conto che i calmieri non hanno mai funzionato veramente. L’accanimento della speculazione sul gas era più che evidente osservando le chat degli operatori in bitcoin: molti avevano abbandonato la criptovaluta, che infatti è crollata, per passare all’operatività sul prezzo del gas. Ma se la speculazione sul bitcoin assomigliava a quella sui tulipani e riguardava solo i partecipanti al “gioco”, ben diverse sono le conseguenze nel caso del gas, che riguarda famiglie e imprese ora alle prese non solo con il problema delle bollette ma anche con il probabile razionamento nei mesi invernali. 

La questione dell’approvvigionamento del gas non è stata sufficientemente considerata dal governo Draghi, preoccupato solo di compiacere l’alleato americano. Non senza soddisfazioni personali per lo stesso Draghi, che si è visto attribuire negli Usa il titolo di miglior statista dell’anno ed è in predicato per la carica di Segretario generale della Nato. Dal punto di vista americano il riconoscimento è pienamente meritato, dal punto di vista italiano, a mio avviso, il governo Draghi è quello che ha arrecato più danni all’Italia dopo il governo Mussolini. Ha fatto peggio persino del governo Berlusconi: nel 2011 infatti la crisi che portò l’Italia sull’orlo del fallimento fu di natura finanziaria, oggi invece rischia di affondare l’economia reale. Draghi nel suo zelo atlantista, nel discorso che ha tenuto all’assemblea generale dell’Onu, ha definito una farsa i referendum tenutisi nelle zone dell’Ucraina occupate (e abitate) dai Russi e ha sostenuto che sono contrari al diritto internazionale e al diritto dei popoli. Ha dimenticato che l’unità d’Italia è stata costruita allo stesso modo, con l’invasione da parte delle truppe piemontesi, i plebisciti negli stati occupati e la successiva annessione al Regno. In base al principio di nazionalità, lo stesso che ispira la politica della Russia. È appena il caso di ricordare che il ducato di Modena, ad esempio, dopo l’occupazione militare, è stato annesso a seguito del referendum indetto dal dittatore Farini che ha registrato percentuali di adesione in tutto simili a quelle registrate nel Donbass e, a suo tempo, in Crimea. L’arciduca Lorenzo d’Austria-Este, principe del Belgio, erede del ducato di Modena è avvisato: stando alle dichiarazioni di principio di Draghi può ricorrere all’Onu per richiedere la restituzione dello stato, illegalmente occupato. Per inciso, il tanto vituperato Francesco V, ultimo duca di Modena, all’arrivo delle truppe sabaude si ritirò nel Veneto con l’intera Brigata Estense senza combattere, per evitare danni alla popolazione modenese e all’amata città dove era nato. A differenza di Zelensky che, per non cedere di un palmo, è disposto a far massacrare la sua popolazione e a far distruggere intere regioni e, anzi, insiste per coinvolgere nel conflitto la Nato, incurante dei rischi che in tal caso correrebbe l’umanità intera. A chi è davvero convinto che valga la pena rischiare una guerra nucleare per compiacere l’ostinazione di Zelensky e del segretario generale della Nato Stoltenberg, consiglio la visione di un vecchio film, del 1959, sulle conseguenze dell’olocausto nucleare: L’ultima spiaggia, del regista americano Stanley Kramer. Ecco, nel cinema gli Americani sono davvero grandi e capaci di visioni profetiche.