Settegiorni

Basterebbe accostarsi con il pensiero – e, per chi ne ha l’età, con i ricordi – a un’altra grande tragedia nazionale quale fu, mezzo secolo fa, l’alluvione di Firenze, per capire com’è cambiata la condizione delle giovani generazioni. Ci fu, in quel 1966, uno slancio corale, un protagonismo giovanile che di lì a poco dalle aule universitarie si sarebbe riversato sull’intera società italiana. Oggi slanci simili, anche a fronte di un dramma come quello che sta vivendo il Centro Italia, non sembrano nemmeno concepibili. Magari fosse solo perché i soccorsi si sono professionalizzati… La sensazione è piuttosto che i giovani siano scomparsi, come soggetto sociale. E che pensando a loro, ai livelli di scolarizzazione, formazione e occupazione, se ne debba concludere che l’Italia ha messo nei cassetti, insieme a molte aspirazioni infrante dei ragazzi, qualche cosa come 140 miliardi di Pil, secondo i calcoli dello Young Workers Index. E non è che gli anticipi pensionistici e l’allargamento della platea dei pensionati previsti dalla prossima finanziaria segnalino un ripensamento a loro favore.

Veniamo a cose cittadine. Per annotare il silenzio da cui è stato avvolto il passaggio in città delle Giornate ramazziniane, dal 1982 appuntamento fisso con i più grandi epidemiologi del mondo ai quali il nome di Bernardino Ramazzini continua a dire qualche cosa. Non a noi, evidentemente. Perché noi a Carpi, siamo fatti così: influenzati dai ritmi della moda, ci stanchiamo delle cose. Anche di quelle importanti, che potrebbero far parlare di noi.

A proposito di silenzi: Prima Pagina, quotidiano modenese, ha chiuso per difficoltà economiche che nella carta stampata non sono certo una eccezione. Molto presa dalle vicende del capoluogo, affrontate con spirito anticonformistico e con la volontà di svelare un sistema di potere talvolta dipinto come cosa altra dalla società che lo ha prodotto, Prima Pagina si è fatta sentire molto meno su Carpi. Con tutto questo, anche per conoscere quel che condiziona da lontano le vicende nostrane, abbiamo continuato a comprarla, ogni giorno. E’ bene infatti ricordare che il modo migliore per far vivere i giornali, evitando così di doversi profondere in lacrime più o meno sincere quando chiudono, è andare in edicola ad acquistarli.

 

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