Gioventù in vista

Sabato scorso sono andato dall’ottico. Qualche giorno prima, dopo dieci anni e più di onorato servizio, i miei occhiali da miope avevano dovuto firmare la resa. Complice, obiettivamente, anche il secondo gol del Genoa contro la Juventus, a seguito del quale mi ero disordinatamente liberato di tutti gli oggetti che avevo a portata di mano, e fra questi le preziose, ma ormai usurate lenti. La diagnosi tecnica è stata impietosa. Gli occhiali erano del tutto irrecuperabili, tanto valeva farsene un paio nuovo. È stato da quel momento che un normale sabato tardoestivo si è trasformato in una cavalcata trionfale, in un’esperienza di redenzione, riscatto, rinascita che sarebbe da regalare, almeno una volta nella vita, a tutti gli individui che calpestano il suolo terrestre. 

 

Andiamo con ordine. Per predisporre l’ottimale binomio lentimontatura l’ottico – che chiamerò per comodità “signor G” – mi ha chiesto, con giusta professionalità, di prendere le misure della miopia, in modo da verificare se nei dieci anni dall’ultima rilevazione erano intervenute variazioni. Io mi sono permesso di anticipare che, al netto della stanchezza di alcune giornate e del processo ormai incipiente di invecchiamento (qualche capello bianco, un po’ di dolorini mattutini), non mi sembrava di aver peggiorato la vista. Come tanti ho subito un tracollo dell’organo visivo durante il periodo universitario, due o tre gradi per occhio nel volgere di pochi mesi, addirittura poche settimane, poi il deficit, neanche si trattasse del patto di stabilità dell’Eurozona, si è cristallizzato, senza mai sforare. 

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