Ekaterina facci sognare

Un tempo, forse mitico, uomini e donne sognavano grazie alla letteratura. Romanzi di avventura, storie rosa, narrazioni di viaggio hanno popolato, per almeno due secoli (quelli dell’alfabetizzazione borghese), l’immaginario di generazioni e di milioni di individui. Poi la parola scritta è stata soppiantata dall’immagine, in particolare dall’immagine cinematografica (ma anche pubblicitaria, fotoromanzesca, televisiva), fino alla saturazione da materiale visuale recentemente provocata dalla rete e dalla cultura digitale. Oggi – l’ho già scritto su queste colonne – il medium per eccellenza dell’evasione e della fantasticazione, dato che ormai ne abbiamo viste e lette di cotte e di crude, rischia di essere, per contrappasso, l’immane discarica di messaggi falsi, capziosi e truffaldini denominata spam. La sezione spam dei provider di posta elettronica è infatti il luogo di compostaggio di tutte le comunicazioni a noi destinate che si sottraggono al principio di realtà, o perlomeno di verosimiglianza, consentendoci, per qualche nanosecondo, di sognare. Nello spam (dando retta allo spam), staremmo ad esempio vivendo in un mondo nel quale le merci, soprattutto quelle griffate, costano pochissimo e sono sempre in saldo. Oppure potremmo viaggiare continuamente perché perennemente beneficiari di fortunati sorteggi a premi con in palio vacanze e crociere. E ancora saremmo regolarmente destinatari di lasciti e donazioni per mano di filantropi sconosciuti che in punto di morte avrebbero come (logica, e benedetta) preoccupazione quella di comunicare a dei perfetti estranei – noi – le coordinate bancarie e le istruzioni legali per entrare in possesso di patrimoni che altrimenti ci vorrebbero due vite lavorative. Sempre nella vita secondo lo spam raccoglieremmo infine successi diuturni presso gli esponenti dell’altro sesso che, a onta dell’invecchiamennspiegabilmente non ho nessun appetito. Mi dicono: pensa a casa, potrebbe stuzzicarti. Non riesco a trovare nulla, almeno dentro al frigorifero. Non sto a fare ipotesi circa le ragioni fisiche o psicologiche che possono aver indotto questa momentanea mancanza di interesse per la tavola. Le ragioni ci sono. Mi basta concentrarmi veramente su quello che potrei immaginare di desiderare, e allora saltano fuori alcune cose e alcune immagini, più ricordi che desideri. Prima di tutto mi vengono in mente uova al tegamino con tartufi. Succedeva, in famiglia, ma non ricordo come, che arrivassero in casa dei tartufi. Erano piccole palline che qualcuno ci aveva regalate. Piccoli sassi di profumo e terra qualcuno li ripuliva con precisione meticolosa, poi si tirava fuori l’attrezzo. Era una grattugia con lama sottile per affettare tanta prelibatezza. Ci voleva una certa abilità a manovrare senza rovinare la pallina e senza grattugiarsi le dita. L’uovo al tegamino aspettava fumante spolverato appena di parmigiano, mia mamma contrattava una grattata in più. Era lei che si faceva portare a Canneto sull’Oglio a mangiare al ristorante Il Pescatore quando era una trattoria conosciuta dagli amici del babbo, appunto pescatori di acqua dolce. Solo in seguito diventò un posto stellato e irraggiungibile. Se avanzava un pezzetto veniva chiuso in un barattolino insieme ad a certa quantità di riso per conservare le fragranza. Cos’altro di stuzzicante, cos’altro di evocativo. Molto. Ad esempio l’insalata russa della zia Claudia. Lei non era certo una cuoca, era stata impiegata di banca, intellettuale fai da te, amica di artisti e anche un poco mecenate, ma cuoca lo era diventata tardi per la necessità di fare qualcosa per gli altri e aveva elaborato un suo possibile menù semplice e universale. Minestrina con dado e pomodoro, scaloppine al limone e, per le occasioni speciali, quella insalata russa condita con la maionese del vasetto e le verdure lessate. Me ne mangerei qualche cucchiaiata, ma se la compero in uno scatolino di plastica di quelli che stanno nel frigo del supermercato non è la stessa cosa. Mi sento attratta dalle cose morbide che vanno giù senza fatica. Potrebbe essere il polpettone che faceva la Zoe con dentro un uovo sodo con un poco di sugo rosso per contorno. Oppure qualche dolce al cucchiaio come uno zabaglione fatto col marsala che mi tirerebbe su o ancora una zuppa inglese che non so fare perché non mi viene bene la crema. Glielo avranno chiesto al Papa quello che gli piace, quello di cui ha voglia o gli daranno la solita sogliola da anziano che sta leggero? Non ho controllato dove si fermerà, ma di certo non ho l’energia per fare lo sforzo necessario ad accedere a controlli e varchi visto che sarà difficile anche entrare in piazza. Immagino ci saranno tutte le finestre sopra il Portico lungo aperte ed affollate di teste in attesa. Così la piazza, sempre esagerata, farà il pieno statistico di presenze visto, in pochi giorni, l’affollamento che farà scordare le lunghe lamentele per il vuoto che normalmente la caratterizza. della calvizie, continuerebbero a essere fulminati per diretta via ormonale dalla nostra avvenenza e ci scriverebbero, per lo più con nomi che sono già da soli mezzo amplesso, per dirci che non possono stare neanche mezz’ora in più senza di noi. Per tutto questo, e tanto altro ancora, ci sono rimasto molto male la scorsa settimana quando nella spazzatura della posta elettronica ho trovato il messaggio di una tale Ekaterina (e fin qui ci siamo, perché la donna dell’est, come ci ha autorevolmente spiegato il servizio pubblico televisivo ancora ostinatamente chiamato Rai, è più melliflua e carezzevole) che avrebbe dovuto proiettarmi nel limbo delle fantasticherie solitarie. La mail recitava, testualmente, refusi compresi, così: 

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