Spleen

I trent’anni del Kalinka un ex Presidente del  Circolo li ha definiti proprio su queste pagine  “unica, impareggiabile, eccezionale,  eterodossa e giovanile occasione di straordinario  cazzeggio”. Giusto. “Cazzeggio” dà l’idea di un esangue,  sfibrato e baudelairiano spleen di provincia, affogato  tra musiche, birre, intrecci esistenziali com’è  normale nelle congreghe giovanili. Stante tuttavia  lo stretto apparentamento con il partito di governo  della città, non si può fare a meno di connotare il  Circolo anche come luogo di una gioventù non proprio  distintasi per slanci “contro”, protetta e acquattata  all’ombra del potere, in attesa di alimentarne  i ranghi. Un quotidiano in raptus celebrativo, riferendosi  a un circolo, quello sì alternativo, dei primi  anni Ottanta, è arrivato a stabilire una continuità  tra Tuwat e Kalinka. Come se i meandri degradati  dell’ex ricovero che ospitarono i Cccp e il pestare  rabbioso di Danilo Fatur fossero comparabili con il  comfort e i contributi pubblici dei presunti “eterodossi”.  Ma eterodossi rispetto a chi? E a che cosa?  

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