"Un governo finora sostenuto dalla simpatia dei cittadini – scrive oggi Stefano Lepri sulla Stampa –, due partiti abili nel procurarsi consensi a breve termine, si trovano per la prima volta con la manovra 2019 a dover progettare su un arco di tempo più lungo”. In un quadro, aggiungiamo noi, nient'affatto rassicurante, con la risalita dello spread e dei rendimenti dei titoli di Stato che segnalano come i mercati finanziari ritengano oggi meno rischioso investire nelle imprese che puntare sullo Stato.
Ma non è di economia e finanza che vogliamo parlare qui, ma piuttosto dello scenario politico che, anche per effetto di questi eventi, potrebbe profilarsi in un tempo non troppo lontano.
Al confronto con il quadro descritto, le misure adottate finora dal Governo – sostiene sempre Lepri – non possono certamente iscriversi nei provvedimenti di ampio respiro: non lo è il decreto dignità, che ha recepito alcune richieste dei lavoratori precari, senza peraltro dischiudere particolari orizzonti ai giovani. E non lo sono le risposte fornite a questo o quel gruppo di pressione.
Il vero banco di prova sarà la manovra 2019, la necessità di far convivere l'esigenza di nuovi debiti impliciti nel contratto che unisce Lega e 5 Stelle con la necessità di non scassare il bilancio a presidio della quale si è messo il ministro Tria.
Per dire insomma che nella manovra 2019 gli aspetti contraddittori e dissimulati del famoso contratto – flat tax e reddito di cittadinanza – potrebbero non riuscire più a coesistere finanziariamente. Il che potrebbe obbligare due formazioni abituate a dialogare in modo molto serrato con un elettorato che ha bisogno di riscontri e risultati immediati, a un confronto molto teso, uscendo dal contratto per affermare ognuna la scelta ritenuta prioritaria: il reddito di cittadinanza, per Di Maio, la flat tax per Salvini.
A quel punto, di fronte alla scadenza della legge di stabilità 2019 si prospetterebbero tre ipotesi.
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