Il Pd e il sordo dualismo che fa intravedere la fine

Ormai non c’è articolo di politica o amministrazione  (si veda il dibattito consiliare  sui déhors) che non ne risenta. Prima ancora  che a un dislocarsi in campo delle forze che  aspirano a “prendere Carpi”, come hanno fatto  con Imola, forti del vento che soffia sull’intera  Penisola, assistiamo in città a una sorda lotta di  potere tutta interna al Pd che sta condizionando  anche il fronte dei possibili alleati.  È la lotta che contrappone il Sindaco uscente,  la cui ricandidatura è stata confermata da uno  striminzito congresso svoltosi al Kalinka nel dicembre  scorso, all’attuale Vicesindaco e aspirante  primo cittadino, Simone Morelli che a quella  soluzione non si è mai accodato e che ritiene, in  alternativa, di rappresentare la sola possibilità che  Carpi non venga intaccata dalla sindrome imolese.  Non serve qui scomodare i buoni rapporti  esibiti in pubblico, contrapposti alle tensioni private.  Quel che conta è un braccio di ferro tutto  politico che dura da mesi e che si è evidenziato  soprattutto in alcuni frangenti.  Lasciamo perdere il dato più clamoroso, vale  a dire la creazione di un Municipio Due dentro  il Palazzo della Pieve, con ampio dispiegamento  di personale e apparato di comunicazione autonomo  da quello di palazzo Scacchetti. Lo si tratta  come un fatto di colore, ma c’è della sostanza,  in quella scelta: marcare anche visivamente  l’esistenza di un altro partito di governo, meno  periferico qual è sempre stato il Pci con i relativi  succedanei rispetto al ceto medio urbano, ma  anzi dialogante con esso, capace di vezzeggiarlo  con la bandiera della rivitalizzazione del centro  storico che sventola alta su piazza Garibaldi o  con le azioni di sostegno al tessile abbigliamento  e le rassegne di “cultura che riempie le piazze”.  Poi, ci sono stati gli episodi: la battaglia vittoriosa  di Morelli contro il concambio azionario  tra Hera e Fondazione Cassa di Risparmio; la  conseguente emarginazione di Giuseppe Schena,  primo presidente di palazzo Brusati escluso  da un secondo mandato; ancora, la vicenda  della composizione delle liste per il Consiglio  di amministrazione dell’Ente, dalle quali non  uno, ma addirittura due possibili candidati di  Alberto Bellelli sono stati sostituiti da nomi  voluti da Morelli. Il risultato è evidente: il Pd  come partito non riesce più a fare sintesi, né per  le strategie generali (la cattura del ceto medio  urbano) né per le tattiche del “qui e ora”. E non  ci riesce, perché il suo perimetro si è rotto, i suoi  organismi dirigenti non si sa più quali siano al  pari del suo insediamento nella società locale. 

 

 

L'accesso è riservato agli Abbonati

Se sei già abbonato, accedi per vedere l'articolo completo

Accedi

Accesso completo al sito, più l'
abbonamento digitale annuale

Vi permette di accedere a tutti i contenuti web di VOCE.it e di ricevere la newsletter quotidiana VoceCittà con le notizie del giorno, Voce settimanale digitale e Voce mensile digitale di approfondimento, direttamente al vostro indirizzo mail. Costo Annuo 29€ Abbonati