di Mario Calabresi
LA LEGGE che darebbe la cittadinanza italiana ai bambini nati nel nostro Paese da genitori stranieri (solo se hanno un permesso di soggiorno di almeno 5 anni) e a quelli arrivati prima dei 12 anni, ma dopo un ciclo scolastico, si è arenata e non sappiamo se vedrà mai la luce.
Gentiloni ha dovuto prendere atto che i numeri per approvarla al Senato non c’erano, così ha deciso di rinviare tutto a dopo l’estate.
Per ora non è una resa, come festeggia la Lega, ma è chiaro che la paura e le semplificazioni stanno prendendo il sopravvento. Se questa deriva non verrà fermata avremo perso un’occasione storica.
La prima necessità è fare chiarezza con i cittadini e smontare falsità e luoghi comuni. Questa legge non ha nulla a che fare con coloro che stanno sbarcando sulle nostre coste, come propagandano i piromani della paura, che da settimane incendiano gli animi. Lo Ius soli non li riguarda, non verrebbe applicato a chi sbarca dai gommoni e se anche una di quelle donne è incinta, suo figlio non diventerà italiano perché manca il presupposto della permanenza legale della madre.
Questa legge darebbe invece la cittadinanza a quei bambini che sono nelle nostre scuole, che parlano la nostra lingua, che fanno gli stessi giochi, tifano le stesse squadre e coltivano gli stessi sogni dei nostri figli. Si tratterebbe di integrarli, di evitare di lasciarli ai margini della società, e questo dovrebbe essere un imperativo per tutti coloro che hanno a cuore la sicurezza. Questa è la verità.
Il ministro degli Esteri, il cui partito ha votato per la legge alla Camera, sostiene di aver frenato per
Gentiloni ha dovuto prendere atto che i numeri per approvarla al Senato non c’erano, così ha deciso di rinviare tutto a dopo l’estate.
Per ora non è una resa, come festeggia la Lega, ma è chiaro che la paura e le semplificazioni stanno prendendo il sopravvento. Se questa deriva non verrà fermata avremo perso un’occasione storica.
La prima necessità è fare chiarezza con i cittadini e smontare falsità e luoghi comuni. Questa legge non ha nulla a che fare con coloro che stanno sbarcando sulle nostre coste, come propagandano i piromani della paura, che da settimane incendiano gli animi. Lo Ius soli non li riguarda, non verrebbe applicato a chi sbarca dai gommoni e se anche una di quelle donne è incinta, suo figlio non diventerà italiano perché manca il presupposto della permanenza legale della madre.
Questa legge darebbe invece la cittadinanza a quei bambini che sono nelle nostre scuole, che parlano la nostra lingua, che fanno gli stessi giochi, tifano le stesse squadre e coltivano gli stessi sogni dei nostri figli. Si tratterebbe di integrarli, di evitare di lasciarli ai margini della società, e questo dovrebbe essere un imperativo per tutti coloro che hanno a cuore la sicurezza. Questa è la verità.
Il ministro degli Esteri, il cui partito ha votato per la legge alla Camera, sostiene di aver frenato per
una questione di opportunità e non di merito, vista l’emergenza sbarchi. Ora dovrebbe essere il primo a chiarire che le due cose non c’entrano nulla e per primo avrà il dovere di onorare all’inizio dell’autunno l’impegno di approvare una riforma storica.