''Gratia Plena'' riproduce l'opera di un coreografo greco. E' polemica, questa volta artistica, sui quadri di Saltini

Accade dunque che l'avvocato Francesco Fontana, presidente di Iustitia in Veritate, organizzazione di cattolici tradizionalisti, scopra straordinarie similitudini fra le opere esposte da Andrea Saltini in Gratia Plena e le scene dal vivo, praticamente delle performance, dell'artista e coreografo greco Dimitris Papaioannou. La cosa viene affidata a un comunicato, immediatamente ripreso dalla testata La Bussola Quotidiana con il titolo "Non solo blasfema, la mostra di Carpi è anche una clamorosa truffa”. Nel comunicato e nell'articolo della testata si sottolinea come i quadri di Saltini siano “incredibilmente equiparabili, paurosamente simili o sovrapponibili, quasi una riproduzione delle opere del coreografo greco Dimitris Papaioannou, noto come curatore delle cerimonie di apertura e chiusura delle Olimpiadi di Atene 2004”. Ma quella che viene messa in rilievo è soprattutto l'assenza di qualsiasi citazione, la mancanza di ogni riferimento al coreografo tanto nel catalogo della mostra quanto nella pagina esplicativa della Diocesi di Carpi nella quale si parla di "rifacimento in chiave contemporanea di Caravaggio” per esempio nel caso della Crocifissione di Pietro, ma non si dice nulla del “rifacimento” dell'opera di Papaioannou. Naturalmente l'avvocato autore della scoperta si chiede come sia stato possibile che gli organizzatori e ideatori della mostra di Carpi non abbiano effettuato alcun controllo preliminare. E che il catalogo parli dei lavori di Saltini esaltando "il tratto distintivo della sua poetica”, perché l'artista “...astrae e astrae dal vero” e rinnova "...l'eredità iconografica e il patrimonio affettivo della nostra tradizione culturale”, senza mai richiamare il coreografo greco, accreditando anzi come "tentativo pionieristico” la mostra in Sant'Ignazio che anzi, commenta La Bussola Quotidiana, “tanto pionieristico non era”. segue


 

Da difensori dell'autonomia della creazione artistica, verrebbe da dire che la blasfemìa qui c'entra proprio nulla e il giudizio è tutto del giornale ultracattolico che sollevò il caso. C'entra piuttosto il riprendere senza citare. E' normale che un artista si rifaccia e tragga ispirazione da altre forme di espressività. Le contaminazioni sono la regola nel cinema come nella musica, nell'arte come nella letteratura. Qui, però, si va decisamente oltre l'ispirazione e la contaminazione fra generi artistici: non c'è un'ispirazione, ma un ricalco evidente. Che si può anche accettare, perché in fondo Saltini ha usato il pennello anziché corpi veri e situazioni reali: ma discostarsi un poco di più da quelle immagini e mettendoci anche del proprio, citando la fonte originaria era il minimo che potesse fare. E se è stato menzionato Caravaggio, poteva starci anche Papaioannou. Questo è il limite emerso dall'intera operazione, per cui anche la decisione della chiusura anticipata dell'esposizione acquista un significato completamente diverso da quello fornito ufficialmente. (nelle foto, gli accostamenti e il contesto della performance di Papaioannou)