Dopo la richiesta di un cimitero per la comunità pakistana

I defunti immigrati e i luoghi delle sepolture

Acceso dibattito sui social tra i critici e i sostenitori di una misura di civiltà

Ha creato un discreto dibattito sulla pagina facebook di Voce la pubblicazione della notizia, apparsa aulla Gazzetta, che la comunità pakistana di Carpi (2 mila 630 residenti ufficiali a fine 2015), quanto meno quella che si riconosce nella Muslim League rappresentata da Javald Iqbal, di professione stiratore e residente in città dal 1990, chiede di poter acquistare un terreno comunale da trasformare in cimitero in cui dare sepoltura ai propri morti. I lettori, come era prevedibile, si sono subito divisi. Bella integrazione, ha subito obiettato una lettrice: anche da morti vogliono essere separati da noi. Subito arriva la replica: perché, lei si farebbe seppellire in una moschea o in una sinagoga? All’estero i cristiani hanno i loro cimiteri, come gli ebrei. Controreplica: ma non mi risulta che venga permessa la costruzione di chiese e cimiteri cristiani in terra islamica. Si intromette una ragazza con il velo: errore, in Marocco ci sono due diocesi cristiane che amministrano 65 fra chiese e monasteri. La prima lettrice obietta: ma il Marocco è anche il paese in cui un musulmano che si converta al cristianesimo si becca 30 mesi di prigione. E rivolta al primo che le ha replicato, ribatte: le risulta che si sitiano costruendo cimiteri cristiani in terra islamica? I cristiani sono perseguitati e uccisi nell’indifferenza generale e “…soprattutto della chiesa bergogliana”.

Ci fermiamo qui, concentrando l’attenzione sul punto: in materia di sepolture deve esistere un principio di reciprocità (“Noi vi lasciamo seppellire i vostri defunti qui e come volete voi, se fate lo stesso a casa vostra con i nostri”). Oppure, come riassume il lettore, “facciamo gli incivili perché loro sono incivili”?

La materia rischia di diventare incandescente, perché il problema incalza. L’immagine degli immigrati tutti giovani sta cambiando. C’è una prima generazione – e si parla anche di cinesi e nordafricani, per dire popolazioni dai riti funerari assai diversi dai nostri, – che sta sfiorando la soglia dell’anzianità. Ci sono stati già diversi morti, anche fra loro. E allora, di fronte alla richiesta di spazi propri di sepoltura, senza affrontare al momento la questione della reciprocità, come ci si regola altrove?

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