La scelta di un secondo pro vicario suggerita dal Papa

E' nato il duumvicariato di Carpi

Non un ufficio a parte ma, nella stessa stanza, una seconda scrivania accanto a quella di don Carlo Malavasi, attuale pro Vicario. Non potrebbe esserci rappresentazione più plastica del “duumvicariato” – o vicariato doppio – che si prospetta in Curia dopo che il Vescovo, monsignor Francesco Cavina, ha annunciato di aver provveduto a nominare suo pro Vicario generale il sacerdote don Massimo Fabbri, 56 anni, attualmente parroco di Argelato nell’Arcidiocesi di Bologna. Quello che si profilava dunque come un tranquillo pellegrinaggio mariano del Vescovo con i sacerdoti della Diocesi alla Casa di Nazareth di Gargagnago (Verona), dopo l’annuncio dato nella circostanza si è trasformato in un ribollente crogiuolo di voci, indiscrezioni e interrogativi. Uno, in particolare, ha subito aleggiato sulle teste dei pellegrini mariani in trasferta nel veronese. Ma come: due pro Vicari generali in una Diocesi di 38 parrocchie e una quarantina di sacerdoti, quando, per dire, Modena fa con uno solo, pur avendo 243 parrocchie? E Reggio lo stesso, con 318? Il quesito è andato subito concentrandosi intorno a quello di fondo: a che cosa si deve questa novità che ha sorpreso un po’ tutti? E dopo il “perché?” sono venute le domande sul “come”. Come andrà a configurarsi, per esempio, il rapporto tra i due Vicari? Essendo poi noto che a questi compete in genere più la cura delle cose, proprio per lasciare al pastore della Diocesi tempo e pensieri per quella della anime, come si concilierà la presenza di un secondo Vicario con quella, piuttosto importante da qualche tempo a questa parte, di un Paolo Ranieri? Fiduciario economico del Vescovo, plenipotenziario a lui legatissimo, è stato l’ispiratore del progetto di finanza sociale Fides et Labor, nonché l’architetto della complessa operazione che ai primi di quest’anno ha condotto alla cessione del ramo d’azienda “formazione professionale” dell’Istituto Nazareno (la scuola alberghiera) alla Cooperativa sociale Nazareno, ponendo le premesse per il risanamento finanziario dell’Istituto fondato da don Ivo Silingardi. Ma anche su altre iniziative, se non così rilevanti sotto il profilo finanziario, altrettanto importanti per quello simbolico, il Vescovo è stato prodigo di riconoscimenti per il lavoro di Paolo Ranieri. Come per il progetto del monumento alle vittime del terremoto inaugurato a San Giacomo Roncole. O per il cosiddetto “Orto del Vescovo” che, al di là delle finalità sociali, è stato letto da molti come un piccolo monito lanciato alla potente Cooperativa sociale Nazareno, legata a Cl, per ricordarle che l’area accanto a villa Chierici sulla quale ha costruito la propria cittadella e il proprio potere appartiene pur sempre della Diocesi, essendo stata concessa in semplice diritto di superficie. E infatti, dell’orto vescovile pare che alla Cooperativa sociale. sacernon sapessero alcunchè, prima della divulgazione della notizia.

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