Abituati a dover cambiare

«La nostra vita da frati è semplice: vai, vai e vai. Lo sappiamo bene che dobbiamo cambiare». Padre Floriano Broch, frate francescano dell’ordine dei Minori osservanti, originario di Verona, dove è nato 62 anni fa, dopo tanto via vai fra le parrocchie del Veneto e della Venezia Giulia (l’ultima è stata quella di San Giacomo, a Monselice) è approdato il 16 ottobre dello scorso anno alla guida spirituale e amministrativa della Chiesa e del Convento di San Nicolò, a Carpi.

Alto, presenza notevole, lo sguardo diretto, un’espressione che gli atteggia facilmente il volto all’ironia di chi ne ha viste tante, padre Floriano è uno che sembra più voler ascoltare, che rispondere alle domande del cronista.

Difficile carpirgli, per esempio, che cosa gli sia passato per la mente quando nell’agosto scorso il Provinciale di Padova gli ha comunicato la nuova destinazione. Nell’ordine lui, ultimo di nove fratelli tre dei quali religiosi, è entrato quando aveva dodici anni, vi ha trascorso l’intera esistenza, completandovi le scuole medie e arrivando fino all’università, facoltà di Pedagogia (“Ma non l’ho mai terminata”): figurarsi se poteva esprimere un qualunque moto di soddisfazione o, al contrario, di dispiacere alla notizia. Quando si è frati, si va e basta, appunto: «Il nostro cammino è questo: mi sono detto semplicemente che passavo da trenta case a sessanta». E’ approdato a una realtà del tutto sconosciuta, come era Carpi per lui che non c’era mai stato prima e della quale aveva solo sentito parlare «…perché –­ racconta – un prete di San Sebastiano di Colonia veneta, sotto la Diocesi di Vicenza, intorno al 1958 aveva dato vita a un laboratorio dove diverse ragazze imparavano a lavorare le maglie che venivano commissionate da ditte di Carpi. Imparavano e lavoravano: un modo per fare qualche soldo e formarsi a un mestiere». Un prete gruppista, lo si potrebbe definire: ai margini estremi del vasto indotto creato in quegli anni dalla maglieria di Carpi.