C’è un modo antico quanto molto curiale di esprimere concetti impegnativi e conflittuali, senza comunicarli apertamente: fingere che a dirli siano gli altri. E’ qualche cosa di molto simile alla figura retorica della “preterizione”, della quale si ritrova un esempio sull’ultimo numero del periodico diocesano. Nell’articolo “Papa Francesco, una personalità a due facce”, il direttore Ermanno Caccia si sofferma sullo stile “con cui parla e si muove” il Papa e nel quale, anche per effetto dell’assunzione del nome del poverello di Assisi, a suo parere “…si assommano insolitamente l’istituzione e il carisma”.
Che cosa significa? Che papa Bergoglio fonde nella propria figura sia la Chiesa istituzione, “pietra” di un impianto ereditato da due millenni di storia, che quel tanto di “follìa” movimentista che l’ha sempre accompagnata, definita da padre Caccia “l’agilità del vento dello Spirito che spira dove vuole e dà ai profeti di esprimersi verbo et opere in lingue sempre nuove”.
Questo strano mix di arcigna fissità istituzionale e spirito innovativo sarebbe all’origine di due partiti nella valutazione dell’operato di papa Francesco. Uno è quello dei “felici”, al quale padre Caccia iscrive molte “persone istruite”, ma anche moltissimi “piccoli”, i “puri di cuore” e forse voleva dire i semplici e gli idealisti.