Sociale - Il fiume di denaro versato da Carpi per arginare una condizione senza ritorno

Quanto ci costa l'esser poveri

di Fabrizio Stermieri

CARPI - Quanto costa ogni anno ai carpigiani (allo Stato, alla Regione, al Comune, alle private associazioni che operano a Carpi nel campo dell'assistenza e della solidarietà sociale) cercare di arginare il fenomeno della crescente povertà delle famiglie? E possibile quantificare in euro il flusso di sussidi e di aiuti che in vario modo pervengono a quella parte dei residenti che si trovano sotto la soglia del livello di sussistenza, le famiglie fragili, i senza lavoro e quanti si trovano in difficoltà e che chiedono aiuto per arrivare a fine mese? Probabilmente non è possibile fare una "classifica" vera e propria ma si può tentare di quantificare economicamente il fenomeno dell'aiuto ai più poveri facendo ricorso a qualche dato e a diversi indicatori. Intanto un dato quantitativo: sono almeno duemila le persone che a Carpi ogni anno si rivolgono ai servizi sociali e agli enti caritatevoli per ottenere un sussidio, un aiuto alimentare, un contributo per tirare avanti. "Le situazioni - chiarisce Alberto Bellelli, sindaco di Carpi ed assessore ai servizi sociali dell'Unione Terre d'Argine - è molto complicata: i nostri operatori e i nostri servizi ogni giorno si trovano di fronte a situazioni delicate, a nuovi casi, a nuove richieste d'aiuto. Dare una risposta a tutti non è facile perché le emergenze sono tantissime e sovente una famiglia in difficoltà deve essere aiutata su più versanti". Ma se in Municipio dovessero venire chiamati a esprimere una cifra non si andrebbe lontani dal giusto a quantificare il complesso di aiuti "alle povertà" in oltre quattro milioni di euro, andando per difetto. Almeno tre i fronti aperti: quello della casa, quello del sostegno ai minori ed alle famiglie che non hanno un padre, quello del fondo sociale che sostiene anche chi è moroso "incolpevole", la maternità difficile, i nuclei familiari con più di tre figli o con portatori di handicap. La casa: il Comune di Carpi dispone di 620 appartamenti e alloggi. In 91 di questi sono ospitati nuclei familiari con redditi vicino allo zero assoluto e ai quali vengono richiesti affitti minimi (da 36 a 120 euro al mese). Negli altri alloggi il canone massimo è di 300 euro ed è evidente che la gestione di questa situazione di povertà abitativa gravi pesantemente sulle casse comunali: 1,4 milioni di euro l'anno. La "povertà" delle famiglie con minori in carico (mamme sole e bambini piccoli) fa il paio con quella degli anziani ospitati con rette agevolate nelle case di riposo. Tutti godono di ulteriori contribuzioni indirette come i pasti e i trasporti a prezzo ridotto: altri 700 mila euro l'anno. Il fondo sociale per l'affitto e per la morosità incolpevole, gli assegni di maternità, il sostegno ai nuclei familiari più numerosi, il trasporto sociale di handicappati e tante altre iniziative sociali si portano via ogni anno un altro milione e novecentomila euro. Sin qui l'intervento dell'Ente locale, che non considera le agevolazioni assicurate ai non abbienti che debbono accedere al servizio sanitario nazionale, che è un altro fronte aperto sulle povertà. Poi ci sono i privati: in prima fila la Fondazione Cassa di Risparmio di Carpi con il suo "Fondo Anticrisi" e le altre iniziative a contrasto della povertà, poi la Caritas Diocesana, la Croce Rossa Italiana, le parrocchie e varie associazioni di assistenza e di beneficenza. Dal 2010 ad oggi la Fondazione Cassa di Risparmio di Carpi ha erogato attraverso i bandi anticrisi oltre 5 milioni e mezzo di euro, 700 mila euro l'anno scorso, con contributi che hanno raggiunto circa mille richiedenti, non solo di Carpi ma anche di Novi e di Soliera. Decine di migliaia di euro sono state raccolte lo scorso anno anche dalla Caritas e dalle parrocchie della diocesi per alimentare le numerose iniziative (alcune anche in collaborazione con il Comune) a favore delle famiglie che si rivolgono ai centri di ascolto nella speranza di trovare un aiuto per pagare l'affitto o anche addirittura solo per mangiare. Non solo denaro, quello raccolto dalla Caritas (ma anche dalla Croce Rossa di Carpi che ha aperto un centro di distribuzione di generi di prima necessità presso la sua sede di via Guastalla), anche abiti, pane (oltre tre tonnellate nel corso dell'anno), alimenti che altrimenti andrebbero distrutti (8 tonnellate) e beni per la casa anche attraverso il riciclo di "Recuperandia". La parte maggiore di questo flusso di denaro serve per pagare le bollette del gas, dell'energia elettrica, dell'acqua. Moltissimo se ne va per le spese di casa (affitti, spese condominiali), una larga fetta viene consumato in medicinali, alimenti, generi di prima necessità. Tutto questo basta per arginare un fenomeno che nel corso di questi ultimi dieci anni ha visto nascere nuove povertà, consolidare vecchie emergenze, sorgere nove ed inimmaginabili situazioni che hanno interessato fasce crescenti della popolazione? Difficile dirlo. Secondo i dati forniti recentemente dalla Caritas diocesana il numero delle persone che lo scorso anno si sono rivolte per aiuto ai centri di ascolto è lievemente diminuito. "Si - ammettono da quell'osservatorio - vengono meno persone ma molti ritornano più spesso e questi sono soprattutto italiani. C'è il rischio di una "cronicizzazione" delle famiglie povere, gli "storici" che sono ormai l'86 per cento del totale". Il ché vuol dire che chi precipita in una situazione di difficoltà ha sempre meno risorse a disposizione per uscire dal suo stato di bisogno e fa sempre più ricorso a chi ha la possibilità di tendergli una mano.

 

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