Il commiato di Renato Olivieri dalla città

Il mio addio a Carpi con affetto riconoscente

In procinto di lasciare la città dopo quasi mezzo secolo, Renato Olivieri (nella foto), bolognese d’origine, carpigiano di adozione, ci ha inviato questo scritto che rappresenta anche un pezzo di storia cittadina e che volentieri pubblichiamo.

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Conoscevo Carpi fin dal 1965 in quanto, dopo aver rassegnato le mie dimissioni dalla Banca d’America e d’Italia di Bologna, decisi di iniziare l’attività che più mi si confaceva: l’Agente di commercio per la vendita di filati destinati all’industria della maglieria. Avevo intuito che questa cittadina si stava avviando sulla via dell’Eldorado italiano(dallo spagnolo “dorarlo” che significa “epoca d’oro”), un facsimile della Cina di oggi. Durante i giorni lavorativi partivo da Bologna al mattino per tornarvi alla sera, dopo aver svolto la mia attività. Questo pendolarismo cominciava a stancarmi. Nel mese di marzo del 1971 abbandonai Bologna, dove avevo vissuto per trent’anni, e mi trasferii con tutta la famiglia in quella che oggi è diventata la mia città: Carpi. Una volta approdatovi definitivamente prevalse in me un senso di disorientamento. Mi mancava la frenesia della Bologna di quei tempi, la sua caratteristica vita goliardica, le luci della città. I ristoranti e i bar cessavano il lavoro quasi all’alba del nuovo giorno. La nostalgia del Roxy Bar (quello sotto le due torri) era particolarmente sentita. Si imponeva quindi la necessità di costruirmi un nuovo modus vivendi. Bisognava inserirsi in nuovi ambienti e fare nuove conoscenze poiché, oltre ai dipendenti, dirigenti e titolari dei maglifici che abitualmente frequentavo, altri non conoscevo. Avendo un carattere estroverso, fu facile crearmi un nuovo cerchio magico di amicizie. Essendo convinto di essere un discreto tennista, iniziai a frequentare il Circolo tennis comunale, poi il Club Giardino e successivamente lo Sporting Club del quale divenni socio. Fui accolto da tutti con simpatica cordialità. Con amara sorpresa riscontrai che erano quasi tutti più bravi di me. Tramite le mie figlie Federica e Milla nacquero nuovi e buonissimi rapporti con i genitori delle rispettive compagne di scuola. Quindi altre conoscenze e amicizie che coinvolsero anche mia moglie Linda. Divenni poi socio del Rotary Club di Carpi e di altre associazioni benefiche. Non sono in grado di stilare un elenco delle persone che conosco e stimo. Sarebbe un’impresa impossibile in quanto a oggi sono moltissime. Successivamente riscoprii il piacere di usare la bicicletta. A Bologna era impossibile anche perché abitavo in centro città. Iniziai così a fare meravigliose gite verso l’aperta campagna, rivedendo la verde e bellissima pianura costellata di vitigni, frutteti e il grano che germogliava nei dintorni dei vecchi casolari. Tutto questo suscitava in me un senso di libertà e il ricordo della mia infanzia. Dopo aver frequentato i Carpigiani per mezzo secolo, sono rimasto colpito per la cordialità, l’arguzia, la determinazione, la caparbietà e il coraggio di intraprendere nuove attività unitamente alla voglia di emergere. Ho l’ardire di assimilarli alla pianta del giunco che si piega a seconda della provenienza del vento. Passata la bufera, torna a rialzarsi. Con tutto il rispetto e la riconoscenza dovuta agli uomini che gestivano prevalentemente le questioni commerciali e finanziarie, furono le donne a rendere importante Carpi. Con la loro intelligenza e il loro instancabile attaccamento al lavoro contribuirono in modo determinante a creare l’Eldorado della maglieria. Si lavorava anche nei locali più impensabili, vorticosamente e senza limiti di orario. Gli ordinativi di maglie arrivavano in grande quantità. Milioni (ribadisco milioni) di capi venivano richiesti dai Grandi Magazzini e dai Cataloghi di quasi tutti gli Stati europei, ad esclusione di quelli dell’Europa dell’Est. 

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