A ''Profeti in patria'', Castagnetti e il disegno strategico di Aldo Moro che portò alla sua fine

Nel silenzio carico di attenzione con il quale il pubblico presente nella redazione di Voce ha seguito le sue parole, Pierluigi Castagnetti, ultimo Segretario del Ppi, eletto due volte alla Camera, ha ripercorso sabato pomeriggio per la rassegna "Profeti in patria” la vicenda politica di Aldo Moro e quello che essa ha significato per l'Italia. Non è stata una lezione astratta, quella di Castagnetti. Ma una conversazione profondamente calata nei fatti e nella storia, ricca di aneddoti e anche di episodi da lui vissuti direttamente, a richiamare il disegno strategico chiaro fin dall'inizio allo statista che ad appena 29 anni partecipò alla Costituente e ucciso il 9 maggio 1978 dalle Brigate Rosse. L'obiettivo di Moro di dare pieno compimento alla Carta costituzionale, alla quale gli accordi di Yalta e la guerra fredda avevano arrecato il vulnus fondamentale dell'esclusione di una buona fetta del popolo italiano dall'esercizio del potere ha consentito a Castagnetti di disegnare lo sfondo nazionale e internazionale sul quale ha fatto via via rivivere i vari protagonisti, con i rispettivi ruoli. segue

E ha così evocato gli avversari di quel disegno e gli increduli interni alla Dc, la ferma ostilità del Segretario di Stato Henry Kissinger, la ottusa resistenza delle autorità ecclesiastiche. Ma anche i favorevoli, più o meno occulti, come papa Giovanni XXIII, e gli ambienti cattolici progressisti. Fino a che, prima con l'ingresso del Psi nella compagine di governo nel 1962, poi con il governo delle astensioni guidato da Andreotti e sorretto indirettamente dal Pci di Enrico Berlinguer e da questi condotto ad accettare il compromesso storico, il traguardo pareva vicino. Anche se l'ultimo passo, Moro, rispettoso dei tempi della storia, sapeva di non poterlo fare, almeno fino a che fosse rimasta la situazione internazionale destinata a mutare solo di lì a dodici anni con il crollo del Muro. Quell'impossibilità la tradussero nei fatti le Brigate Rosse, con il loro "processo” e la condanna a morte "...che non potevamo non eseguire”, avrebbe poi ammesso Mario Moretti, il principale responsabile del rapimento, perché gli 800 affiliati così avevano deciso (diventeranno 5mila, ha raccontato Castagnetti, dopo l'esecuzione). Sulle cronache del fatto conclusivo, Castagnetti non ha voluto aggiungere una propria versione, alle tante uscite da tre processi, cinque commissioni consiliari e da decine di libri e ore e ore di trasmissioni televisive. Ha solo voluto porre l'accento sull'impossibilità della trattativa, invocata da Bettino Craxi, ma per la quale il Segretario di Psi di allora rivelò a Benigno Zaccagnini di non possedere la minima leva per intervenire. Ha confermato le proprie riserve sulle azioni condotte nei 55 giorni della prigionia. E ha ricordato come alla sua richiesta personale fatta tanti anni dopo a Franco Bonisoli, uno degli attentatori di via Fani, di spiegargli come avessero fatto, loro, inesperti di armi, a compiere un attentato così preciso e mirato, eliminando la scorta e risparmiando Moro, Bonisoli gli avesse risposto: “Questo lo vada a chiedere a Moretti”. Il quale, condannato a sei ergastoli, dopo aver sconfessato la lotta armata, si trova in regime di semilibertà dal 1997, senza che lo Stato abbia ottenuto in cambio da lui, spiegava Castagnetti prima della sua conversazione pubblica, nemmeno la rivelazione dei misteri che ancora nasconde l'uccisione di Aldo Moro.